Giulia ci porterà per mano nel viaggio solidale in India, raccontandoci i suoi momenti piu’ intimi di tristezza e frustrazione a contatto con la povertà e la disperazione di queste famiglie ma anche la gioia di portare speranza e di sapere che questa esperienza cambierà il suo sguardo nei confronti del mondo.
9/11 THORRUR
Domenica 6 novembre, arriviamo a Thorrur, il centro é tenuto da suore e accoglie solo bambine orfane, che hanno solo un genitore oppure che hanno problemi di salute in famiglia. Tra le bambine ospitate al centro ce n’è una che ha una particolarità che non sfugge agli occhi. É albina, la sua pelle è chiarissima, i capelli sono stati tinti con l’hennè quindi risultano un po’ arancioni, ma sono biondi chiarissimi, quasi bianchi. La cosa che mi colpisce, essendo la prima volta che vedo una persona albina così da vicino, sono gli occhi. Sono di un colore stranissimo, tra il rosso, il viola e il marrone chiaro e le pupille fanno dei movimenti rapidi e orizzontali. Ha qualche problema di vista, soprattutto se esposta al sole, ma Harshini è furbissima e ha il suo caratterino. Anche lei ha alle spalle una storia non molto felice. Ha solo 8 anni, suo padre è morto e un giorno la bambina ha trovato la madre in casa che si era suicidata. Per un po’ ha vissuto da una zia, ma per la famiglia era un peso e così le suore hanno deciso di prenderla con loro. I primi tempi a scuola non è stato facile per lei, tutti la prendevano in giro per via del suo colore diverso. È stata una settimana a piangere ma poi, forse con l’aiuto delle suore e delle sue compagne si è fatta forza e adesso è lei che prende in giro gli altri dicendo che lei è una “foreign”, una straniera che ha origini europee. È domenica e non riesco a sfuggire alla messa, stavolta in telegu (dialetto del Telengana). Elena è rimasta a letto moribonda. Dopo la messa io e Marco iniziamo a fare le visite alle famiglie e con noi vengono anche le rispettive figlie per fare la visita mensile ai propri cari. La zona è molto povera, la maggior parte dei genitori svolge lavoretti giornalieri nei campi. La situazione familiare di queste bambine non é il massimo. La prima casa che visitiamo è composta da due stanze, in cui vivono una madre con un figlio che quando ci saluta si mettere a piangere. Di conseguenza inizio a piangere anch’io perchè se vedo qualcuno che lo fa, lo seguo! Con la seconda famiglia va anche peggio. I genitori, tutti e due affetti da HIV positivo, hanno 5 figlie, la maggiore delle quali sono malate. La madre è disperata, piange, dice che sono giorni che non ha niente mangiare per la famiglia e la suora ci racconta che questa donna ha pensato varie volte di suicidarsi, schiacciata dalle pressioni e dalla fatica di questa vita. Il padre sta molto male, lo si vede in faccia e anche nel corpo, magro, debole, non può lavorare. E quando ci allontaniamo scoppia in lacrime salutando la figlia, forse perché non sa se il mese prossimo la rivedrà. Le suore ci dicono che molti bambini piccoli non sanno cosa i genitori abbiano, e quando questi si recano al centro per ricevere medicinali viene detto ai figli che sono andati lì per prendere il riso. É la prima volta che mi trovo faccia a faccia con un malato di HIV ed è molto toccante. Troviamo anche un’altra madre e un’altra figlia con HIV positivo. Negli altri casi troviamo solo dei nonni, alcuni dei quali ci fanno vedere le fotografie dei figli deceduti. Tanti dicono che i loro cari sono morti di “febbre”, ma chissà quanti tipi di disturbi ci sono che vengono definiti febbre, quando non lo sono affatto. Manca la conoscenza, spesso gli ospedali sono molto lontani. In un’altra casa dove c’è una coppia di nonni, sentiamo le grida di un canto disperato della nonna che pensa al suo figlio che ormai non c’è più. Non avevo mai scritto fino ad ora questi episodi, ma in questo centro le visite alle famiglie sono state molto più toccanti e forti. Le bambine però stanno bene; fortunatamente possono stare un po’ lontane da questo problemi e vivere una vita più serena. Vanno a scuola, giocano e come tutti i bambini lavano i propri vestiti, li stendono, lavano i piatti.. Il pomeriggio finiamo di vedere le famiglie e l’autista ci viene a prendere con la stessa auto della mattina ma addobbata per un matrimonio. Ci sono un sacco di rose attaccate con lo scotch ahah e sul davanti un mazzo di fiori fissato al paraurti. Praticamente l’autista ha portato una coppia di sposi in chiesa, poi è venuto a prendere noi e alle 17 deve tornare a riprenderli. La sera le ragazze fanno uno spettacolino interminabile di danze e canzoni per accoglierci. Bambine dai 6 ai 15 anni ci mostrano balli tradizionali indiani che ci affascinano come sempre. Il giorno seguente continuiamo le visite alle famiglie e il pomeriggio intervistiamo no stop tutte le bambine che fanno parte del progetto di adozione a distanza. Sono molto carine e parlano un buon inglese anche le più piccole. Prima di cena ci viene la brillante idea di farci fare l’hennè, qui molto di moda e sinonimo di bellezza soprattutto nella tradizione hindu. Come dal tatuatore io ed Elena ci sediamo e due ragazze iniziano il loro lavoro. Alla fine mi ritrovo un braccio pieno di disegni come un vero gangster e quando é pronta la cena noi siamo come due burattini perché dobbiamo aspettare che l’hennè diventi secco. Abbiamo braccia, mani (dorso e palmo) completamente disegnati. Però l’effetto è ganzissimo e ci piace avere un po’ di cultura indiana addosso a noi. La sera ci troviamo con le bambine e una suora ci mostra una bella danza indiana; non avevamo visto in nessun centro una suora ballare, ci è sembrato molto bello e femminile da parte sua, nonostante il suo ruolo. L’ultima mattina che passiamo al centro aiutiamo le bambine a vestirsi e a prepararsi per la scuola. Hanno tutte una divisa e, nonostante le scarpe bucate, i calzini troppo grandi, gli zaini rotti, hanno un rituale di cura del corpo invidiabile da noi europei. Si mettono l’olio nei capelli, si pettinano, si fanno delle trecce, si mettono una polvere bianca profumata sul volto. Io aiuto la “nana”, la più piccoletta del centro, che ha sempre il sorriso stampato in faccia e ti guarda con quegli occhietti furbi da cerbiatto! Una ad una salutiamo tutte le bambine che sono un po’ dispiaciute per la nostra partenza. Ma abbiamo l’ultimo centro da visitare e un l’ultimo volo interno da prendere. Voliamo a Bangalore, la cui tradizione sono i fagioli bolliti. Ormai siamo quasi giunti al termine di questa bella esperienza, ma i ringraziamenti li farò alla fine! Ciao gente!
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