Il 21 marzo rappresenta per tutti noi l’inizio della primavera, della stagione degli alberi in fiore, delle prime giornate di sole che anticipano l’estate. Un’atmosfera nuova, che parla del rifiorire della natura. Un’atmosfera che è stata al centro di moltissime poesie, celebrata da noti scrittori di tutto il mondo.
Non a caso il 21 marzo è anche la data scelta per celebrare la giornata mondiale della poesia, indetta dall’ Unesco sin dal 1999 con lo scopo di sensibilizzare il pubblico verso quanto di più bello e poetico si possa trovare nella cosa più semplice di tutte: le parole.
Viviamo in un mondo quotidianamente bombardato da immagini, in cui ciò che colpisce l’occhio risulta sempre più incisivo di ciò che può essere invece letto e ascoltato. La realtà si struttura in forme e colori, la gente crede solo in quello che vede, immersa in una sorta di pigrizia mentale in cui ci si aspetta che le immagini parlino da sé. Allora si accende la tv, si fa zapping e tra una pubblicità e un reality, la mente assorbe come una spugna e, nel peggiore dei casi, smette di farsi domande. In un mondo dominato dai media, non è tanto la cattiva informazione (seppur nociva) a spaventare, quanto la perdita di capacità critica del pubblico. Un pubblico di donne, uomini, giovani, e soprattutto cittadini.
Per fortuna però, in un mondo sempre più in bianco e nero, trova spazio l’arte.
Credo possiate essere d’accordo con me se affermo che il meglio che la nostra terra e cultura italiana ha da offrirci – oltre alla pizza, s’intende – è un vasto patrimonio artistico che si può osservare nei musei, nelle gallerie d’arte, ma anche semplicemente passeggiando per le vie delle grandi città o dei piccoli paesi di provincia. Abbiamo la fortuna di essere circondati dall’arte e i nostri occhi sono costantemente chiamati a prestarle attenzione.
In questo nostro contemplare e girovagare tra le bellezze monumentali e pittoriche italiane non dovremmo tuttavia dimenticare che la nostra cultura si distingue anche per qualcosa di pari valore artistico, che risveglia i sensi e accende la mente allo stesso modo di un quadro, anche se in maniera meno immediata: la POESIA.
Credo che le parole al giorno d’oggi siano da alcuni sottovalutate, da altri sfruttate.
Le parole sono un importante strumento nelle mani dell’uomo, possono essere usate come un’arma per attaccare o come uno scudo per difendersi. Esse sono in grado di ferire più della spada, ma anche salvare vite o addirittura mobilitare masse, a seconda di come vengano usate.
Ed il punto è proprio questo, il punto è chiederci che uso facciamo, oggi, noi tutti delle parole.
Guardiamo in faccia la realtà, viviamo in un mondo di guerre mediatiche, combattute a colpi di tweet e hashtag, un mondo di leoni da tastiera in cui sono le parole che passano attraverso i social a creare il clima d’opinione, alimentando e direzionando i fenomeni sociali. Certo, non si può porre un freno al progresso, soprattutto a quello tecnologico. Le nostre vite passano necessariamente attraverso la rete, attraverso i social, e vengono continuamente a contatto con messaggi mediatici. Ma mentre strutturiamo la nostra identità sociale e creiamo le nostre opinioni, è sempre un bene buttare un occhio al passato, distrarsi dalla sterilità e dal grigiore di un mondo forse troppo organizzato, e arricchirsi con un po’ di poesia.
Credo sia questo il messaggio che ha voluto mandare l’Unesco: fermatevi, aprite un libro, leggete una poesia e arricchitevi. E così avrete modo di immedesimarvi in quelle parole, di trarne un messaggio, un insegnamento, un’ ispirazione, oppure vi emozionerete e basta e dunque non sarà stato vano soffermarsi su quelle parole, anche se scritte un secolo fa.
È questo che fa la poesia, rende attuale qualsiasi tema perché lascia spazio a migliaia di interpretazioni. Il poeta, sulla base della propria esperienza, crea un emozione, magari personalissima, la struttura in versi, la elabora, la semplifica con metafore, la complica con personificazioni, la mette sul foglio sotto forma di immagini, riesce a farla fiorire dall’inchiostro, ed infine la mette nelle mani del lettore. È questo un estremo atto di fiducia, è questo il modo in cui il poeta rimette la propria esperienza e vita in mano alle generazioni future, che interpreteranno quelle parole, le rivisiteranno, ne faranno canzoni, opere d’arte, film, plasmandole sul proprio vissuto e emozionandosi in una varietà di modi diversi, poiché ciascuno di noi nei versi di un Neruda, di un Alda Merini, di un Pavese, leggerà in realtà se stesso, e così faranno tutti gli altri a venire.
La poesia è eterna e appartiene a tutti noi, a chi la legge oggi, e a chi la leggerà domani.
E dunque, il potere della poesia sta proprio in questo, nella capacità di rendere immortale il suo messaggio: incastonato nei versi del poeta, esso viaggerà nei secoli e, finché queste parole verranno lette, mai perirà.
Come si può allora non citare Shakespeare, che ci spiega tutto questo già a fine ‘500 nel suo famoso Sonnet 18.
Come altri dei suoi sonetti questo è dedicato ad un giovane ragazzo e ad una prima lettura risulta evidente il fatto che il poeta voglia elogiare la sua figura, comparandola all’estate ed esaltandone la bellezza.
Tuttavia gli ultimi tre versi del sonetto ci dicono qualcosa di più e chiariscono come lo scopo più profondo di Shakespeare fosse in realtà quello di celebrare il potere della poesia, la sua capacità di rendere immortale i sentimenti, come l’amore e l’amicizia, e addirittura di “sconfiggere” la morte, poiché l’immagine dell’amato resterà incastonata tra le sue parole, immune anche all’ inevitabile scorrere del tempo.
«(…)
Quando in versi eterni nel tempo tu crescerai:
Finché uomini respireranno o occhi potran vedere,
Queste parole vivranno, e daranno vita a te.»
Finché c’è arte e poesia siamo liberi di goderci un po’ di eternità, di sentirci “partecipi” dell’amore di Dante per Beatrice, di abbandonarci alla musicalità della poesia spagnola, di adirarci per le ingiustizie che alcune poesie denunciano, di sentirci ispirati per l’amore che spesso celebrano. E soprattutto siamo liberi di distogliere lo sguardo, almeno per un momento, dalle menzogne di questo mondo, dalle parole nei confronti delle quali abbiamo ormai perso fiducia, parole abusate, parole che perdono senso, parole vuote su schermi piatti. Perché se è vero che si può dubitare delle parole dell’uomo, lo stesso non vale per quelle del poeta. La poesia rappresenta ciò in cui possiamo ancora permetterci di credere.
Nelle parole della grande Alda Merini, “La poesia è la pelle del poeta”: fa parte di lui, è ciò che egli ci mostra in tutte le sue pieghe e bruciature, nelle sue imperfezioni e nella sua verità.
E allora, tra un tweet e un post su Facebook, tra un programma TV e un telegiornale, cerchiamo di trovare il tempo di fidarci anche di una poesia, di lasciarci trasportare da un po’ di antica, ma mai fuori moda, verità.
Teniamo in vita i nostri amati poeti e prendiamoci cura delle loro parole, poiché quanto di più vero è stato detto a questo mondo è proprio che dove c’è poesia non c’è menzogna, e mai ce ne sarà.
Viviana Iannizzi
N.B. Per chi è amante della poesia, e per chi volesse diventarlo, lascio qui alcuni titoli che potrebbero interessarvi.
Si tratta di opere e raccolte di poesie dei miei poeti preferiti, e spero possiate apprezzarli.
Per la poesia spagnola:
– Venti poesie d’amore e una canzone disperata, Pablo Neruda
– La voce a te dovuta, Pedro Salinas
Per la poesia italiana:
– Fiore di poesia, Alda Merini
– Ti amo ma posso spiegarti, Guido Catalano.
Per la poesia francese:
– Parole, Jacques Prévert
Per la poesia russa:
– La gioia di scrivere, Wislawa Szymborska
…Buona poesia!
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