Recensione di Spectre – 007
Quanto può essere difficile filmare un nuovo capitolo di una delle saghe più amate e famose sulla faccia della terra come quella di 007? Moltissimo, specialmente se sei il seguito di uno degli episodi più riusciti, quello Skyfall che fece incetta di nomination ai premi Oscar e fece portare a casa la statuetta ad Adele per la miglior canzone.
Ritrovarsi tra le mani un progetto simile è un rischio, oltre che una sfida, perché, citando un grande film horror, più si procede con il numero dei capitoli e più le cose sullo schermo devono raddoppiare, dimostrandosi superiori affinché il pubblico non rimanga deluso e sia incanalato in un’ottica dove la quantità la fa da padrone sul grande schermo. Per questo motivo Spectre è un capitolo che pur non avendo l’ossatura di Skyfall riesce comunque a godere di un fascino tutto suo, da un lato impostando una storia classica, che tocca i canoni del genere e ne abbraccia la tradizione thriller, mentre dall’altro si lascia trascinare da un’impronta on-the-road che prepotentemente fuori esce nella seconda parte della pellicola, risultando, in tal modo, originale, fresca e donando alla spia britannica per eccellenza, il cui volto resta quello dello scozzese Daniel Craig, una conclusione degna e all’altezza delle aspettative.
Questo 007, infatti, si palesa agli occhi di chi lo guarda fin dalle prime scene come una summa totale di quanto visto negli ultimi anni, nei quattro lavori che l’hanno preceduto e che, uniti, hanno formato una rete labirintica ove, finalmente, dalla quale si vede una conclusione.
Spectre non è altro che un’associazione criminale la quale, grazie a attentati terroristi e ricatti, controlla gran parte della criminalità in tutto il pianeta. James Bond deve scoprire chi è a capo di tutto questo, purtroppo senza il supporto dell’agenzia governativa per cui lavora, messa ora alle strette da un nuovo programma di spionaggio basato sull’utilizzo dei droni e della tecnologia e non più delle più spie o dei soldati speciali. Con il programma doppio 0 messo alle strette, Bond, clandestinamente, dovrà muoversi in tutta Europa, alla ricerca di un fantasma che semina morte e distruzione, braccato da uomini senza scrupoli i cui unici obbiettivi sono quello di ucciderlo o rapirlo.
Sam Mendes dimostra ancora una volta di essere un regista di talento, capace di far proprio un brand e, forte di una sceneggiatura ricca di potenziale, saper trasformare in immagini un’avventura di spionaggio che, nel crescere di minuto in minuto, sa regalare scene spettacolari e combattimenti mozzafiato, senza mettere in ombra i personaggi, sia quelli principali che le mere comparse.
Meno “serio” o drammatico di Skyfall, più frivolo e scanzonato, ricco di citazioni cinematografiche che sanno spaziare da “Lo Squalo” a “Breaking Bad”, Spectre è una conclusione che punta a diventare un blockbuster intelligente ed a saper intrattenere il pubblico divertendolo senza mai approfittare di quest’ultimo, calibrando a dovere le scene ricche di pathos a quelle dove ad essere messi in evidenza sono i dialoghi brillanti.
Complice anche un cast di tutto rispetto, ogni elemento che appare sullo schermo vive in una perfetta armonia con l’agente Bond, così come le persone che affiancheranno 007 nella sua ultima avventura. Lea Seydoux, stavolta in una produzione non indipendente e non made in Francia, dimostra tutto il suo talento, regala una performance contenuta, ma efficace e, suonino le trombe, mette in luce tutta la sua maturità e la sua professionalità, rubando talvolta la scena a Craig non unicamente per la sua divina bellezza, ma soprattutto per la sua bravura innata. A questa si aggiungono un emblematico Christoph Waltz, il quale, dopo la parentesi di Django, torna a vestire i panni dell’antagonista. Pur lontano dai fasti dei film di Tarantino, il due volte premio oscar conferisce alla nemesi di 007 un’introspezione psicologica ed un fascino oscuro tutt’altro che banale, perfetta allegoria di un tipo di criminalità e terrorismo con cui, ormai, la nostra società fa i conti quotidianamente che si avvale di utilizzo di computer, informazioni e comuni tecnologie.
A Spectre va riconosciuto di essere qualcosa di più di un semplice film su James Bond, e forse per gli amanti del genere o i fan più sfegatati questi non saprà essere all’altezza dei classici o del precedente Skyfall, ma rimane indubbio il valore di questa produzione, e nel voler essere più una storia d’avventura, a tratti persino coraggiosa in quanto affine prodotti come “Indiana Jones”, che un thriller di spionaggio, essa non è altro che la chiusura perfetta e soddisfacente di un cerchio iniziato nel 2006 con “Casino Royale”.
Divertente, esagerato, ma mai estremo, lungo, ma mai veramente noioso o caratterizzato da momenti morti, 007 scavalca le Alpi, vola a Tangeri, sconquassa Citta del Messico, vive di inseguimenti su macchine tra le strade di Roma e Londra come se fosse un elegante “Fast and Furious” e non perde mai quella classe a cui siamo abituati, e, tra una tecnica raffinata (a volte fin troppo, dimostrandosi pretenziosa, come nel caso di un piano sequenza iniziate il cui fine è un po’ quello di compiacere se stesso) ed una fotografia d’effetto, il James Bond di Craig ci dice addio con un ultimo episodio di spessore e che ha ben poco da invidiare a quello di 3 anni fa. Unica nota veramente dolente rimane la presenza di Monica Bellucci, bond girl fastidiosa, inutile e banale, la cui presenza poteva essere omessa, o il cui ruolo poteva essere dato ad un’attrice con un po’ più di talento, ma in fondo 007 è sempre stato così, ed uno strappo alla regola, una volta tanto, si può fare. Ora dategli quel dannato Dirty Martini con ghiaccio, se l’è meritato.
Comments