Dylan Dog : L’Alba dei Morti Viventi (n.1)
E’ uno dei fumetti più noti in Italia, se non, forse, addirittura il più famoso in ogni angolo della penisola, tutti lo conoscono, sia chi l’ha visto nascere, sia chi l’ha accolto a braccia aperte con le collane o le ristampe recenti, eppure c’è anche chi come me non ha mai aperto un suo albo. Inutile perdersi in chiacchiere sul perché, o sul come, chi scrive è un convinto discepolo di quella linea di pensiero che ogni cosa abbia bisogno del suo momento, per tale ragione accusare il sottoscritto di essere un inetto per non aver mai letto Dylan Dog la trovo come un’ingiustizia bella e buona. Però, ammetto sinceramente, che un po’ di vergogna l’ho provata, non fosse che metà dei miei amici conosceva da tempo l’Indagatore dell’Incubo e ne apprezzava le centinaia di storie pubblicate.
Volenteroso di colmare questa lacuna, che a tanti occhi (compresi i miei) pare più un cratere di inimmaginabili dimensioni, ho cercato la prima storia in rete, quello dato alle stampe e pubblicato nel 1986, “L’Alba dei Morti Viventi”, fortuna vuole che in casa avessi una raccolta delle prime tre storie di D.D., comprate anni or sono grazie ad una delle innumerevoli ristampe curate da “Repubblica”.
Quello che adesso, dunque, vado a commentare sarà la prima avventura del figlio di Tiziano Sclavi, l’incipit creativo da cui è nata una leggenda, figlia delle tenebre e del mistero, un nome ed un personaggio divenuto una celebrità e radicato ormai nella mente collettiva delle persone che l’hanno letto o solo sentito nominare.
Londra, seconda metà del ventesimo secolo, Dylan Dog vive in un appartamento presso Craven Road assieme al suo assistente Groucho. Entrambi si definiscono detective ed investigatori attratti da storie al limite del possibile, dove ad avere il sopravvento è l’elemento paranormale. I due sono chiamati a investigare su un omicidio quando alla loro porta si presenta Sybil Browning, giovane donna accusata dell’omicidio del marito. Decisa a raccontare gli eventi drammatici che l’hanno vista coinvolta, speranzosa di essere capitata nel posto giusto, Sybil rivela a Dylan che ciò che ha fatto è stato solo per legittima difesa, dato che suo marito, in viaggio da qualche giorno in Scozia per una ricerca scientifica, le si era presentato nel cuore della notte sulla porta di casa, febbrile e in pessimo stato di salute, implorandola di ucciderlo per poi, una volta deceduto in circostanze sinistre sul proprio letto matrimoniale, risvegliarsi come uno zombie con tutte le intenzioni di metter fine alla vita di sua moglie. Accettato il caso Dog, Groucho e Sybil si dirigono a Inverness, nella parte settentrionale del Regno Unito, per poi giungere al piccolo villaggio di Undead, con tutte le intenzioni di indagare sugli strani fenomeni legati alla misteriosa morte del signor Browning.
Per chi è un appassionato di Cinema il primo episodio o albo di Dylan Dog è una prelibata pietanza servita su un vassoio d’argento, dove alla componente gotica si mescola sapientemente quella vena umoristica, quella sfumatura horror e quell’intreccio affine alle indagini di Sherlock Holmes a cui, sotto alcuni punti di vista, il fumetto si ispira palesemente. Settima Arte e Letteratura ottocentesca si amalgamo e danno alla luce una storia originale e ben costruita, riassunta in una novantina di pagine, disegnata in modo egregio ove ai primi piani si uniscono panoramiche ricche di dettagli, a cui, data l’edizione che mi trovo tra le mani, il colore dona un tocco di originalità per adeguarsi ai tempi di oggi.
Ciò che maggiormente emerge, da “L’Alba dei Morti Viventi”, al di là di un amore ed un richiamo palese all’opera di Romero, è un attaccamento al genere Horror rivisto in chiave avventurosa, ma tutt’altro che superficiale. I “non-morti” fanno paura, nelle tavole date alla luce dalla mano di Angelo Stano, ma non arrivano mai ad essere il centro nevralgico della storia né conquistano inutilmente la scena. Ciò che rimane in primo piano sono i personaggi, la loro caratterizzazione, perfetta ed equilibrata, variegata e originale. Prendiamo, ad esempio, l’assistente del protagonista, Groucho, il fu Groucho Marx, trapiantato dagli Stati Uniti alla iconica Londra, che si fa, fin dalla prima battuta, riconoscere dal lettore per essere un personaggio necessario, un poco fuori dal comune in quanto sopra le righe e tutt’altro che quadrato, spalla scanzonata e divertente che, con il lento scorrere delle pagine, diverrà quasi necessaria ai fini della vicenda, di cui se ne potrebbe sentire tremendamente la mancanza in un futuro prossimo. Senza il fratello di carta di Marx, non a caso, Dylan, che si presenta a noi tutti con il più plateale biglietto da visita mai esistito “Mi chiamo Dog. Dylan Dog.”, non godrebbe di quel fascino e quel dramma leggibile sul suo volto quale uomo avvolto dal mistero, a cui non crede, ma con cui comunque deve fare i conti. I due sono opposti necessari per donare alla prima tragica avventura quella forma che ne conferisce l’anima, accompagnata da tutta una serie di elementi che fanno riferimento ai classici gotici che delineano un’estetica straordinaria, antica a moderna, ancor oggi incredibilmente accattivante e soddisfacente.
La natura di Dylan, uomo più introverso, tormentato ed imprevedibile, rispetto al uso fido compagno, resta ancora un mistero, di lui, persino dopo la conclusione della storia legata alla signora Browning, sappiamo poco o nulla, sono ancora sconosciuti i fantasmi che vivono nel suo passato, né abbiamo una minima idea di cosa lo attiri tanto nel mondo dell’occulto, quale sia la sua relazione con colui che si presenta come la sua nemesi “Xabaras”, il diavolo, né tanto meno è concesso al lettore sapere la sua storia ed il suo “vero” nome. Dog appare un animo tormentato, affascinato dal pericolo, dalla paura e dal mistero, convinto che i mostri si possono sempre combattere e che nulla sia impossibile. Assieme a Groucho, i due, sembrano tanto dei supereroi senza paura, senza maschera e vergogna, intricati in una realtà distante da quella dell’uomo comune, sebbene, pronta a collidere con essa quando l’anormalità interagisce con la vita di tutti i giorni dell’uomo o la donna media.
Dare un giudizio, soggettivo o oggettivo, della prima pietra posta sopra una monumentale opera come è stata quella di Sclavi è impossibile, perché di certo il primo passo verso un lungo cammino non si può paragonare a tanti albi usciti negli anni successi superiori alla storia qui raccontata, ma, in quanto inizio, ad essa le va dato il beneficio ed il rispetto che merita. Come uno zombie Dylan Dog, trovando una perfetta ed elegante armonia tra storia e estetica afferra lo spettatore e lo trascina in un vortice di orrore, divertimento, eros, sentimento e paura, fa sorridere e preoccupare, facendo sentire il lettore avvolto in una coperta di sensazioni reali nate dalla mente e dalla penna di due grandi autori del panorama fumettistico italiano. Giuda Ballerino!
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