Il Richiamo del Cuculo : “Quando zia Rowling divenne zio Galbraith.”
La storia editoriale di The Cuckoo’s Calling è ormai nota ai più ed è quasi più famosa dei contenuti del libro stesso: dato alle stampe in un primo momento, ottenendo i favori della critica, ma non toccando mai la vetta dei bestsellers più venduti ed apprezzati dal pubblico, è balzato in cima alle classifiche, a tempo record, di gran parte dei siti online e librerie, una volta svelato l’arcano mistero legato al nome del proprio autore, quel Robert Galbraith dietro a cui si cela la scrittrice J.K. Rowling, colei, per intenderci, che ha incantato un numero spropositato di lettori grazie alla saga di Harry Potter.
Dichiarazioni, ufficiali o ufficiose, a parte, la nuova impresa della mamma del giovane mago doveva essere un percorso da compiere nel completo anonimato, un modo per aggirare e sfuggire alla tensione ed alle innumerevoli aspettative che vengono sempre messe di fianco al suo nome, ormai un caposaldo nella letteratura per ragazzi degli ultimi vent’anni. Fuga di notizie, o mera operazione di marketing, poco importa, ora, se la Rowling avesse voluto davvero accantonare il proprio nome per sentire un onere minore sulle proprie spalle, di fatto, Il Richiamo del Cuculo è un libro che, che sia stato scritto da uno scrittore emergente, o da un’idolatrata icona del decennio passato, merita un’analisi ed una critica capace di trascendere dall’eredità letteraria che si porta appresso, sebbene, comunque, nell’elargire un commento, si debba tener di conto delle peculiarità e delle sfumature che hanno costantemente contraddistinto la scrittrice scozzese nei suoi lavori precedenti.
Lasciati, ormai da anni, le sale comuni delle quattro case della Scuola di Magia e Stregoneria diHogwarts, accantonate bacchette e scope volanti, la Rowling, già da “Il Seggio Vacante” aveva deciso di optare per tutta una nuova serie di romanzi indirizzati maggiormente ad un pubblico adulto, che a quello di uno stampo adolescente o infantile. Pur, infatti, non essendo un seguito di “The Casual Vacancy”, ma la genesi di una nuova serie a stampo giallo, il contenuto presente in questo esordio letterario concentra l’azione in un universo che solo determinate persone potranno comprendere o apprezzare appieno, ove a fuoriuscire sensibilmente è la critica sociale e l’affresco di una società compromessa.
Galbraith anima i suoi personaggi nello spietato mondo della moda, delle sfilate e delle modelle, degli stilisti, degli avvocati e degli studi legali, fa nuotare il suo protagonista, il detective Cormoran Stike, reduce dalla guerra in Afghanistan, menomato nello spirito e nel corpo, costretto a dormire nel proprio ufficio dopo il naufragio del fidanzamento con una ricca e bellissima ereditiera, in acque torbide e profonde capaci di smuovere fino all’inverosimile l’opinione pubblica e lo show business. La tragica morte di Lula Landry, modella di colore dalla straordinaria bellezza, interpretata in un primo momento, dalla polizia, come un suicidio in piena regola, sarà solo una piccola avvisaglia della tempesta che l’investigatore privato andrà a creare con l’avanzare delle indagini, aiutato dall’assistente/segretaria Robin.
La penna dell’autore, per quel che concerne lo svolgersi del caso, si dimostra pungente e abile nel saper tratteggiare personaggi e situazioni credibili e godibili, dotate di una linearità marcata che, fortunatamente, non sfocia mai nella prevedibilità. Lo stile scorrevole e preciso, sorretto da ironia e sarcasmo, conferisce in determinati frangenti una rappresentazione quasi grottesca e decadente dell’alta borghesia inglese e di coloro che ne fanno parte. Senza scagliare contro nessuno dei personaggi un didascalico monito o una sentenza accusatrice, per chi sono o dove sono, Il Richiamo del Cuculo offre un campionario di personalità ben precise, dal retrogusto quasi Dickensiano nell’essere racchiuse in un preciso contesto, e analizza la struttura di queste evitando di spingersi oltre il consentito in alcuni momenti e mantenere una certa eleganza.
Il marcio e l’orrore, l’egoismo e l’opportunismo che ristagna nei comprimari descritti nel libro assomiglia quasi ad una febbrile malattia che si insinua prepotentemente in coloro che si avvicinano e consumano un determinato stile di vita. Galbraith sottolinea come il male sia insito in ognuno di noi, mostra quanto sbagliato possa essere un pregiudizio ed al contempo quanto ricchezza e successo possano nuocere e corrodere l’animo umano, specialmente se seguite da invidia e avidità.
Quello che rende The Cuckoo’s Calling, non a caso, un thriller efficace e soddisfacente non è tanto l’intreccio, che per alcuni, magari, non sarà poi così complesso o appagante, ma i protagonisti che ne fanno parte, il voler sempre mettere davanti i personaggi primari e secondari, con dialoghi e passaggi narrativi ben riusciti ed appaganti, che mettono in risalto situazioni estreme quanto reali. Come se fosse uscito da una tradizionale corrente di pensiero legata ai thriller di un tempo, Galbraith non si concentra unicamente sugli indizi, che semina e mette a disposizione del lettore dietro ad ogni pagina, quasi come se fosse un segno i rispetto, ma prende a cuore la struttura emotiva di chi vive attorno alla storia di Cormoran e Robin, cercando di far provare, al pubblico, un’istantanea empatia che permane il libro dall’inizio alla fine delle indagini.
A rendere, inoltre, ancor più particolare la storia, impreziosendola e caratterizzandola in modo netto, vi è poi un’ambientazione urbana magistralmente descritta e raccontata con una cura certosina. La Londra di Strike vibra dietro ad ogni incrocio, è un cuore pulsante instancabile che batte giorno e notte, si colora di locali e strade tanto simili in apparenza, quanto profondamente differenti se analizzate nel profondo. La capitale inglese non è solo uno strumento attraverso il quale stabilire il “dove” ed il “quando”, ma una vera e propria presenza che rende originale e creativo un universo investigativo che magistralmente si sbroglia tra i sobborghi malfamati ed i quartieri di lusso di Mayfair, o i prati sterminati e curati di Hide Park ed i pub, posti agli incroci delle vie, dall’estetica vittoriana e dagli interni sporchi e barocchi intrisi del sapore di birra, minestroni, tè e aria viziata.
Il Richiamo del Cuculo, di Robert Galbrait, alias J.K. Rowling è l’ottimo inizio di una nuova serie di romanzi che, stando a quanto riportato dai giornali, dovrebbero comporre una saga di ben sette volumi, tutti con protagonista il gigante Cormoran Strike, il cui nome arriva direttamente da un personaggio del folklore legato alla Cornovaglia, e la sua assistente Robin, tra tutti, forse, la personalità più stereotipata e mal emersa da questo esordio letterario. The Cuckoo’s Calling lascia il lettore soddisfatto una volta arrivato alla sua conclusione, lo invita a proseguire e non abbandonare questa serie di indagini spronandolo ad analizzare a fondo una storia che, da un semplice caso di suicidio, riuscirà a dire molto di più, prendendo a cuore il mondo della moda studiandolo minuziosamente attraverso le particolari figure che ne fanno parte e determinano il suo andamento, vittime e carnefici di un’esistenza priva di regole e morale, di cui accettano i vantaggi così come il prezzo da pagare per la loro popolarità.
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