L’1 Febbraio inizia la lunga serie di consultazioni, tra caucus (riunioni dei membri del partito, svolte con modalità di dibattiti aperti e non di elezioni, in cui vengono scelti i delegati da inviare alla Convention nazionale per la determinazione del candidato presidente) e elezioni primarie, che porterà i partiti politici degli Stati Uniti a determinare i propri candidati alle presidenziali 2016.
Gli attuali “front-runner” dei due principali partiti sono Hillary Clinton per i democratici e Donald Trump per i repubblicani.
I REPUBBLICANI
Nell’arena politica repubblicana in molti possono aspirare, con un buon risultato in Iowa o New Hampshire (stati in cui si tengono rispettivamente il primo caucus e le prime primarie), a rilanciare la loro posizione nei sondaggi, ottenendo una maggiore attenzione da parte dei media.
Trump guida i sondaggi repubblicani da molti mesi, ma Ted Cruz sembra avere buone chances di rimonta, se non addirittura di sorpasso, in Iowa. Anche Marco Rubio potrebbe ottenere un buon risultato. In New Hampshire la situazione è invece molto più complessa, con una lotta a 6 tra Cruz, Rubio, Ben Carson, Jeb Bush, John Kasich e Chris Christie per un buon secondo posto dietro a Trump.
I DEMOCRATICI: IL DUELLO HILLARY CLINTON- BERNIE SANDERS
Decisamente più semplice è la situazione in campo democratico, dove la corsa, inizialmente incontrasta, di Hillary Clinton sembra avere il suo unico ostacolo nel Senatore del Vermont Bernie Sanders.
Infatti Sanders guida i sondaggi democratici in New Hampshire, e sembra avere buone possiblità anche in Iowa.
“Ma perché Iowa e New Hampshire sono così importanti?” ci si potrebbe chiedere.
Non si tratta soltanto dei primi step di un lungo processo elettorale per la nomination presidenziale.
A partire dal 1972, quando l’Iowa è diventato il punto di partenza della lunga corsa delle primarie, si è verificato più volte che candidati meno conosciuti (in particolare in campo democratico) ottenendo la vittoria, o comunque un buon secondo posto in questo stato, o nel New Hampshire, abbiano poi potuto rimontare e talvolta sorpassare l’originario “front-runner”.
E’ successo a George McGovern nel 1972, a Jimmy Carter nel 1976, a John Kerry nel 2004 e a Barack Obama nel 2008. Anche Walter Mondale (1984) e Al Gore (2000) vinsero in Iowa, ma nel loro caso non si trattava certamente di candidati sfavoriti, essendo entrambi vicepresidenti uscenti. Solo Michael Dukakis (1988) e Bill Clinton (1992) ottennero la nomination senza vincere in Iowa. In ogni caso non è mai successo che un candidato democratico con un risultato disastroso (dietro al quarto posto) in Iowa poi ottenesse la nomination.
E’ per questo che sempre più di frequente i candidati investono buona parte del loro tempo e del loro budjet nelle principali città dell’Iowa (Des Moines, Cedar Rapids, Iowa City).
Comunque l’“effetto Iowa” riguarda soprattutto il Partito Democratico, ed è per questo che il caucus dell’1 Febbraio è particolarmente importante per Hillary e Bernie.
C’è da dire che solo qualche mese fa nessuno avrebbe scommesso su Sanders e la corsa di Hillary era considerata da tutti sostanzialmente incontrastata, ma nelle ultime settimane il distacco da Sanders si è ridotto di diversi punti e il vantaggio della Clinton in Iowa si è ridotto a tal punto che i due candidati democratici sono attualmente considerati in una posizione di quasi parità.
Se i sondaggi a livello nazionale, secondo la media ponderata dei principali sondaggi del mese di Gennaio, continuano a dare la Clinton in vantaggio di circa 19 punti con il 53% contro il 34% di Sanders, la media ponderata di Gennaio per l’Iowa dà i due candidati molto vicini, Hillary al 46% e Sanders al 43%, mentre quella relativa al New Hampshire dà Sanders al 52% e la Clinton al 41%.
Rimane invece molto indietro nei sondaggi (2%) il Governatore del Maryland Martin O’Malley, che però ha partecipato a tutti i dibattiti fino all’ultimo del 17 Gennaio.
Ma come si spiega il fenomeno social “#feel the bern”, che in pochi mesi ha portato la candidatura di Sanders ad essere seriamente competitiva con quella della front-runner Hillary Clinton?
La rimonta di Sanders emerge anche dai sondaggi, ma non si tratta solo di questo.
Durante l’ultimo dibattito organizzato da NBC e Youtube il nome di Bernie Sanders è stato il più cercato su google e il più tweettato.
Inoltre la campagna di Sanders ha superato il record di Obama per importo delle donazioni individuali e vanta la totale assenza di finanziamenti da lobby legate all’establishment finanziario di Wall Street.
Unici grandi sostenitori collettivi su cui può contare sono associazioni politiche progressiste, socialiste ed ecologiste (come “Democracy for America”, “Democratic Socialists of America”, “Friends of Earth”, ecc…), sindacati (come il CWA, che riunisce i lavoratori del settore delle telecomunicazioni, l’APWU, che riunisce i lavoratori del Servizio Postale, NNU e NUHW che riuniscono i lavoratori del settore ospedaliero, ecc…) e testate giornalistiche progressiste (come “The Nation”).
D’altronde non stupisce che l’unico candidato alla presidenza degli Stati Uniti ad essersi autodefinito “socialista” imposti la propria campagna elettorale basandosi su principi di radicale cambiamento, rifiutando ogni finanziamento da parte delle grandi lobby finanziarie.
Ma non finisce qui, Sanders, nonostante l’età (74 anni), è il candidato democratico preferito dai giovani elettori.
Probabilmente il “momentum” di rimonta del Senatore del Vermont è dovuto alla radicalità delle sue proposte politiche.
Bernie non propone semplicemente un programma politico diverso, Bernie propone una diversa concezione della politica stessa.
Ispirandosi al modello dello Stato Sociale europeo, Sanders propone l’introduzione di un sistema sanitario nazionale, che garantisca a tutti il diritto alla salute e all’assistenza sanitaria, e di un sistema universitario pubblico totalmente gratuito.
Di cambiamento radicale sono anche le sue proposte ecologiste in materia di politica energetica e quelle non-interventiste in materia di politica estera.
Ma, soprattutto, Bernie propone una rivoluzione del sistema politico americano, denunciando le criticità dell’attuale sistema di finanziamento privato ai partiti, che garantisce ai grandi gruppi di potere (che finanziano entrambi i due principali partiti) il saldo controllo delle assemblee elettive, impedendo qualsiasi riforma che vada contro i loro interessi.
Bernie tocca con le sue parole il cuore degli americani, ma Hillary Clinton continua a mantenere una posizione di forza come candidato dell’establishment che comunque vanta anche un ampio sostegno nella società civile, in particolare tra le associazioni per i diritti civili, le associazioni femministe e LGBT e le associazioni per il controllo sulle armi.
Anche tra i sindacati l’ex Segretario di Stato gode di un ampio consenso, avendo ricevuto l’endorsement delle organizzazioni sindacali nazionali di maggiori dimensioni (come NEA e AFT, principali sindacati degli insegnanti, AFGE e AFSCME, sindacati dei dipendenti delle P.A., ecc…).
Inoltre la Clinton può vantare il maggior pragmatismo del proprio programma politico, decisamente meno radicale rispetto a quello più idealista e “rivoluzionario” di Sanders.
Non ci resta che aspettare il caucus dell’Iowa, il prossimo 1 Febbraio, per scoprire se davvero gli americani, per la prima volta nella storia, siano pronti ad accettare l’idea che un socialista dichiarato possa sedere alla Casa Bianca.
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