E’ una fredda serata di autunno quella in cui intervisto i Major, dopo aver assistito ad una loro sessione di prove. Non dimenticherò facilmente l’energia ed il calore che ho trovato tra quelle quattro parerti, invase dalla forza della loro musica. Forse vi sembrerà che esageri, ma è semplicemente la realtà dei fatti. I Major, ad ogni loro concerto, riescono a trasmettere emozioni come poche altre band livornesi e, come quella notte, sono capaci di trasformare il freddo disinteresse della quotidianità, in spettacolare gioia e spensieratezza. Ma cominciamo a conoscere la storia di questi sei ragazzi accomunati dalla passione per la musica.
“I Major” mi risponde Giacomo Signorini, loquace chitarrista del gruppo “non sono altro che l’evoluzione degli Sugar Sweet, una band nata nell’ottobre 2014 da un’idea mia, di Enrico Del Gratta (basso) e di Filippo Danesi (batteria). Il primo ad essersi aggiunto è stato Dario Garzelli (tastiere), quindi Samuele Franco (voce) e per ultimo Francesco Angeli (effetti). Siamo nati come una cover band dei Maroon 5, complesso al quale ci ispiriamo particolarmente, e solo suonando i loro brani siamo diventati un vero gruppo. Un anno fa eravamo cinque ragazzi che suonavano il proprio strumento, ma adesso, dopo un anno di esperienza, abbiamo creato un’alchimia grandiosa! Proprio per questo ci siamo decisi a concentrarci di più sulla produzione di nostri inediti e non solo sulla riproduzione dei brani dei M5 e di altre band. Da qui la svolta, l’inizio di un nuovo percorso ed il cambio di nome in Major.”
Quali sono state le vostre esperienze musicali più importanti, dalla fondazione degli Sugar Sweet?
“Dopo i primi concerti ed esserci fatti le ossa” mi spiega Filippo “abbiamo deciso di partecipare ad Emergenza Festival. E’ stata una vetrina che ci ha dato la visibilità che cercavamo ed un’occasione per confrontarci con altre band. Abbiamo deciso di partecipare per acquisire esperienza e per cominciare ad interagire con un pubblico più vasto. Non sapevamo come potesse andare, ma è andata molto bene” riprende Dario “ci siamo caratterizzati per la cura per i dettagli e per la qualità della nostra musica. Penso che chiunque abbia notato il minuzioso lavoro che c’è dietro ogni nostra singola canzone.”
So che questa esperienza vi ha fatto incontrare Francesco Frilli, produttore musicale.
“Sì non ci aspettavamo di destare l’attenzione di un produttore come Francesco Frilli. Questi ci ha contattato dopo il nostro ultimo concerto al The Cage Theatre perché gli era piaciuto il nostro singolo Ferite. A giungo siamo stati chiamati nel suo studio di registrazione, il Golden Factory Studio di Firenze, ed abbiamo registrato i vari strumenti e la voce, cambiando l’arrangiamento sotto la guida dello stesso Frilli e di Andrea Pelatti. E’ stata un’esperienza del tutto nuova per noi perché non eravamo mai stati in uno studio così professionale, ma abbiamo fatto un ottimo lavoro e ne siamo soddisfatti ed orgogliosi.”
Il singolo prodotto verrà distribuito?
“Per ora no, rimane a noi come demo, ma sarà pubblicizzato su Spotify e Sound Cloud” precisa Filippo.
Ferite non è il vostro unico inedito, ce ne sono molti altri, ma sicuramente è uno dei più coinvolgenti, insieme ad In Un Attimo. Sono pezzi che colpiscono profondamente, maturi ed emotivi. Mi piacerebbe sapere l’idea che c’è dietro la composizione di questi brani.
“Ferite è nata in lingue inglese, come tutte le nostre canzoni, e si chiamava Honey. La scrissi” mi risponde Giacomo “un giorno che ero a casa con la mia ragazza, trovando la giusta ispirazione. E’ stata una delle prima canzoni che ho fatto con il programma Logic ed era un brano molto più rock di come lo suoniamo adesso. Mi piaceva il giro di accordi e, una volta portato alla band, l’abbiamo trasformato in una vera canzone, aggiungendo il testo, che è stato più volte rimaneggiato, e rendendola più funk-pop, più nelle nostre corde. Forse esageriamo nel voler sempre migliorare, ma siamo dei perfezionisti e vogliamo che ogni nostro lavoro sia impeccabile. In Un Attimo, frutto anch’essa di duro lavoro, racchiude un messaggio molto importante per noi. La vita è già abbastanza complicata e nell’amore di un nonno per il proprio nipote, nella spontaneità di quell’affetto, vediamo uno dei valori più grandi che ci possano essere: la semplicità. Ecco, la nostra musica aspira a rendere più spensierata e semplice la vita, ma non con ingenuità, ma perché ce n’è davvero un gran bisogno.”
Sentirvi suonare risponde già a molte domande su di voi. Lanciate i vostri messaggi sul palco e non in un’intervista, ma se, oltre all’idea della semplicità, doveste raccontare la vostra musica in poche parole, quali sarebbero?
“Divertimento. Perché noi sul palco ci divertiamo tantissimo e vogliamo far divertire ed intrattenere anche il nostro pubblico. Siamo ragazzi, per creare una nostra filosofia abbiamo tempo. Quello che vogliamo fare è rendere i nostri concerti un’occasione per lasciarsi andare, senza preoccupazioni e divertirsi con semplicità. I nostri testi sono, talvolta, forti ed emotivi ed il messaggio non è mai banale, però non ci sforziamo di parlare di ciò che ancora non conosciamo e, per ora, ci limitiamo a dare il massimo sul palco e fare una buona musica, che si faccia notare”.
Torniamo a parlare del vostro stile musicale. Voi ereditate chiaramente molte caratteristiche dai Maroon 5, dal numero dei componenti della band (sei), al sound inconfondibilmente pop e californiano. Ma a quali altri gruppi vi ispirate?
“La band di Adam Levine è tra le nostre preferite perché è la dimostrazione che anche partendo dal basso si può puntare molto in alto, visto che ora è una delle più importanti del panorama musicale americano. Riguardando i loro primi live, cerchiamo di cogliere tutte le sfumature del loro talento e di imitarle. Per il resto posso affermare che nella band convivono molte correnti di pensiero, che, combinandosi, hanno dato vita al nostro stile musicale. Dei M5 ereditiamo determinate caratteristiche (come la chitarra ritmica ad esempio), ma c’è chi, tra noi, sostiene il primato del Brit Pop inglese o dei cantautori italiani. Samuele ascolta, ad esempio, generi molto diversi da quelli che suoniamo ed ogni background musicale dei singoli membri finisce per influenzare il nostro stile. Io” Giacomo “quando scrivo le canzoni con Enrico, cerco di combinare la mia passione per i Maroon 5 e per un certo tipo di musica italiana, mescolando i vari generi, per creare qualcosa di nuovo. Alla fine il pop-rock in Italia non conta così grandi talenti e le nostre sonorità, frutto di varie combinazioni e contaminazioni, risultano come qualcosa di veramente inedito. Speriamo di crearci uno spazio proprio nel giro della musica pop-rock italiana, dato che la base musicale è di influenza americana ed i testi sono cantati in italiano”.
A Livorno, anche tra le band giovanili, si rivolge quasi unicamente lo sguardo al passato e tutti i gruppi che negli ultimi anni hanno avuto successo, a livello globale, vengono indicati come “commerciali”, con un’ accezione negativa, e quindi bollati come musica spazzatura. Che io sappia, ci sono davvero poche band in città che hanno il coraggio di suonare un pop contemporaneo. Cosa ne pensate della sterilità musicale cittadina?
“Sì, a Livorno ci sono troppi pregiudizi musicali” comincia Dario “noi proveniamo da background musicali diversi, come ha detto Giacomo, ma sappiamo riconoscere la qualità ed i Maroon 5 suonano un pop di grande qualità. In città, ci sono le manie del rock anni ’70 e del Brit Pop anni ’90 e nessuno a Livorno ha il coraggio di suonare una musica ricca di effetti come la nostra. Abbiamo riscontrato anche diversi problemi nel partecipare a determinate serate, in alcuni locali, perché non tutti sostengono il nostro genere. Il pubblico è abituato ad ascoltare, dal vivo, solo musica che ha più di venti anni e noi, che veniamo additati come mainstream, in realtà, sembra paradossale, suoniamo una musica che nessun altro fa. Ad Emergenza Festival, la grande maggioranza dei partecipanti suonava solo metal o rock indie ed è capitato che, in certe situazioni, ci sentissimo a disagio, quasi malvisti, solo perché suoniamo un pop-rock di successo. Anche nel look, ci siamo dovuti confrontare con barbe lunghe ed abbigliamenti degni dei Kiss, mentre noi passavamo quasi da bambini, con le nostre t-shirt e camicie da ragazzi per bene”.
Giacomo, da ciò che mi dici deduco che, se non sei il leader della band, ne sei almeno la colonna portante. Dove hai acquisito le competenze necessarie per scrivere queste canzoni e per creare una band professionale, in poco tempo?
“Non so se sono la colonna portante, questo lo devono dire gli altri” mi risponde prontamente Giacomo e tutti i membri, altrettanto prontamente, annuiscono. “Giacomo” mi spiega Enrico “è diventato un leader perché ci ha aiutato tanto. Quando abbiamo cominciato, solo Filippo sapeva suonare i Maroon 5 e ad alcuni di noi non piacevano nemmeno particolarmente. Ma Giacomo, in circa un mese, ci ha insegnato una dozzina di cover che abbiamo portato al nostro primo concerto. Ci ha indirizzato e spronato e gli siamo molto grati. Senza la sua mania per la perfezione, saremmo una band peggiore”. A questo punto però diversi membri della band cominciano a scherzare sugli eccessi del chitarrista: “dopo ogni concerto c’è il suo appunto genitoriale!” dice Filippo “Nemmeno dopo aver superato le semifinali di emergenza era contento, continuava a ripeterci che avevamo sbagliato qualcosa!” Giacomo ride e ammette “sì, me la prendo spesso con loro, con Samuele ed il suo leggio per i testi delle canzoni, con Filippo perché non è mai puntuale e per molte altre questioni. Voglio sempre il video di ogni nostro concerto per poterci rivedere e riascoltare e quindi migliorare. Non credo che molte band livornesi facciano lo stesso”.
Qual’è il vostro segreto? Oltre che bravi musicisti mi sembrate anche un gruppo molto affiatato.
“Personalmente credo che proprio in questo risieda la nostra forza. Siamo un gruppo di amici, prima che una band e ci conosciamo molto bene. In questo anno abbiamo creato un legame davvero forte” mi racconta Filippo “abbiamo trovato un compromesso sul genere e la nostra musica è cresciuta di pari passi al nostro rapporto. Ci sentiremmo anche ipoteticamente pronti ad affrontare un tour insieme, tale è l’amicizia che ci lega. L’armonia tra di noi è fondamentale per confezionare una bella performance. Se qualcuno sbaglia andiamo sempre in soccorso l’uno dell’altro, ma non abbiamo paura di dirci le cose come stanno, una volta terminata l’esibizione. Se posso dare qualche consiglio, ad altre band che partono da zero come noi, dico loro che è fondamentale conoscersi a fondo, provare e riprovare prima di esibirsi e saper divertire ed intrattenere. Non si deve suonare per se stessi ma per il pubblico! Si deve creare confidenza e amicizia fuori dal palco, tra i membri della band, perché tutto si riflette positivamente durante un concerto. Infine, è indispensabile avere una grande cura per i dettagli. Sono questi, infatti, che caratterizzano una band con un grande lavoro alle spalle, da quelle che sanno solo improvvisare qualche brano. Siamo circondati da tantissime altre gruppi emergenti, noi ci distinguiamo proprio per la qualità della nostra musica e dei nostri arrangiamenti”.
Quali sono i vostri progetti futuri più importanti?
“Per ora continuiamo a suonare e pubblicheremo tutte le date dei nostri prossimi concerti sulla nostra pagina Facebook. Abbiamo, infine, intenzione di partecipare al prossimo Emergenza Festival, per replicare la bella esperienza già vissuta e continuare a migliorare, come sempre.”
Lamberto Frontera
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