Alcuni membri della redazione di Uni Info News hanno provato a dire la loro sul Referendum Greco e sui possibili scenari dopo il voto.
Simone Bacci, le responsabilità della Grecia e la necessità di ricostruire l’Europa
Nel parlare dell’esito del referendum greco tante sono le letture possibili e ancor di più le prospettive future.
Quel che mi preme di evidenziare è il non omettere dal dibattito che l’eccessivo debito pubblico greco è stato creato dalla loro tanto reclamata sovranità nazionale negli anni passati per permettere di sostenere un sistema di welfare e “di macchina pubblica” che ben al di sopra dell’economia reale del paese non rispecchiava le reali finanze greche. E nel ricordarlo sarà bene anche tenere di conto che al netto delle politiche di austerity della “Troika”, i suoi (che poi sono anche nostri) soldi la Grecia se li è comunque presi.
Vi sembra giusto chiedere un taglio del debito pubblico e non restituire i soldi ai creditori? Sicuramente la Grecia ha bisogno di respirare, come l’Europa ha bisogno di politiche diverse di cooperazione. Stiamo attenti però a non sovrapporre un problema politico con la realtà economica.
La sovranità popolare di un paese può guardare anche al proprio interesse e in un mondo come quello di oggi farsi abbindolare dal populismo è davvero facile, per questo non sono d’accordo sull’attribuire una decisione tecnica specifica al popolo. I greci lo dovrebbero sapere meglio degli altri, visto che Platone ne “La Repubblica” scriveva del governo dei saggi come unica vera forma di governo efficiente e giusta. Ma nel caso specifico greco occorre andare in fondo alla questione.
E in fondo alla vicenda greca ci sono riforme mai fatte, soldi pubblici sperperati, burocrazia eccessivamente costosa, blocchi all’iniziativa economica privata, e molti altri pasticci, ma tutto è in concorso di colpa con le politiche dell’UE, in primis della Germania. Non voglio un’Europa in cui a dominare sia l’economia, ma non voglio neppure un’Europa dove un paese, per non affrontare la via più lunga e dolorosa, l’unica che può portarlo alla salvezza, sceglie la via più breve senza una prospettiva precisa, tenendo così in ricatto chi oltre a prestargli i soldi, le sue riforme le ha già fatte da tempo con tanti sacrifici.
I sacrifici sono sicuramente dolorosi ma nel lungo periodo sono l’unica manovra efficace per risanare le finanze di uno stato, come un padre di famiglia che in mancanza di soldi inizia a risparmiare concedendo a sé e alla sua famiglia un periodo più difficile per preparare la strada al futuro migliore.
Adesso la situazione si è complicata ulteriormente ed per questo che sono convinto che l’unica soluzione, come nei concorsi di colpa, sia trovare un accordo a metà strada (senza permettere regali da altri paesi che si sono già sacrificati) e ripartire a ricostruire l’Europa sotto un profilo politico e giuridico perché l’Unione Europea è una realtà necessaria per la pace e la cooperazione dei popoli, chi ancora non l’ha capito è rimasto indietro agli stati nazionali dell’era pre-globale. Guardare soltanto alla sovranità popolare di un paese ad oggi non ha più senso, perché il singolo stato è inserito in un contesto più ampio e può anche rinchiudersi nei propri confini ma, in tal caso, l’unico esito che otterrà sarà solo quello di frenare il progresso.
Dario Baldi, il Referendum Greco e i gufi nostrani
Sul risultato del referendum greco non voglio spenderci troppe parole. Ne sono già state spese molte, da tanti.
Credo solo che come ha detto il Presidente Sergio Mattarella questo risultato crea degli scenari inauditi per l’intera Unione Europea. Ora si prospettano mesi di qualche cosa che non si è mai visto. L’unica soluzione è il raziocinio e la responsabilità di chi ha il potere di decidere.
Il mio commento a questa giornata elettorale va soprattutto a tutti qui politici italiani sbarcati nell’Ellade. Ecco, ieri sera sembrava che la vittoria dell’OKI fosse derivata dall’arrivo dei Beppe Grillo; dei Nichi Vendola; degli Stefano Fassina. Una miriade di esponenti sono giunti ad Atene e come quando la Nazionale vince i mondiali si sono riversati in Piazza a festeggiare una volta visti i risultati . Ma a festeggiare cosa? Come si fa a paragonare l’Italia alla Grecia? “I cittadini italiani devo prendere esempio dagli ellenici” dice Alessandro Di Battista, che a dir la verità fa una bella analisi del voto, peccato che poi cada in un becero populismo da quattro soldi. I cittadini greci ieri non sono andati in toto a votare, circa un 61% percento. Il che non è del tutto incoraggiante perché, non a tutti interessava il risultato di questa “chiamata alle urne”.
E’ vero anche in Italia il 61% di affluenza lo rivedremo tra anni. Torniamo ai nostri “politici” però. Questo arrivo di massa, a mio avviso è stato un sintomo di una malattia che si sta diffondendo nelle aule di Camera e Senato.
Questa malattia è il: “Perdentismo” “Siccome in Italia non mi impongo gioisco delle vittorie altrui”. Si era già visto alla vittoria di Alexis Tsipras alle politiche, quando gli ex-comunisti e i militanti di Sel avevano preso la vittoria greca come una loro vittoria. Come allora anche ieri. Hanno vinto tutti: Grillo, Di Maio, Meloni, Vendola, Civati, Fassina. Un mix di populismo e luoghi comuni. Peccato che non sia così facile da capire a pieno quanto è avvenuto. Perché una manovra come quella di Tsipras non potrà mai essere fatta in Italia, perché prima di arrivare ad un collasso totale come quello greco, il Belpaese deve farne di strada.
E spero che non avvenga mai. Cosa succederà non si sa. Ritorno alla Dracma. Permanenza nell’Euro. Uscita dall’EU. Permanenza nell’EU. Fatto sta che l’Oki ha vinto anche se i “nostri gufi” sono arrivati ad Atene. Come direbbe il grande Lucio Battisti: “Lo scopriremo solo vivendo.”
Luca Fialdini, Le mire Egemoniche Franco-Tedesche
Dopo la vittoria del “No” il futuro della Grecia e dell’Unione Europea si fanno ancor più incerti e complessi.
Questa è senza dubbio la più grave crisi che l’Unione abbia mai affrontato e non è scontato che ne esca indenne, anzi, esiste la possibilità che ne esca menomata: la fuoriuscita della Grecia è tutt’altro che fuori discussione. I molti contrasti interni, le disfunzioni amministrative e le mire egemoniche di alcuni stati (Francia e Germania in testa) sono stati evidenziati dalla particolare situazione della Grecia: è vero che la nazione ellenica ha mentito per entrare nell’Unione Europea falsificando i bilanci – ed ha ammesso la propria colpa solo dopo essersi vista scoperta – e, sebbene la diffidenza di alcuni Stati sia più che comprensibile, non saranno certo il rigore della Merkel o la drastica clausura di Hollande a risolvere la situazione e francamente non capisco perché Francia e Germania si impuntino in questo modo sulla politica del rigore e dell’austerità quando abbiamo avuto più d’una prova che è proprio questa politica la causa principale dello spaventoso aggravarsi della crisi.
Non intendo dire che bisognerebbe dare soldi a destra e a manca, ma un’iniezione di liquidità una tantum può essere d’aiuto. Per fortuna che al timone della BCE abbiamo un validissimo economista il cui unico obiettivo è fare gli interessi dell’Europa. Lo stesso non si può dire del nostro Paese: Matteo Renzi ha dato prova d’essere senza spina dorsale dato che non ha esitato a dichiararsi fido alleato della Germania, quella stessa Germania che non fa altro che bacchettare l’Italia e trattarla come se fosse un nuovo land della Federazione.
La questione non è tanto schierarsi pro o contro Grecia, la questione è che siamo ad un punto di svolta per la storia del nostro Paese e dell’Unione ed è questo il momento di farsi valere. La questione greca è anche un termometro che ci aiuta a capire che la politica degli ultimi anni ha portato all’esasperazione i cittadini europei, che non funziona e che per affermare che esista un’Unione Europea non basta una moneta unica: esiste una comune politica estera, una comune politica interna,una comune politica economica?
Esiste un quid giuridico che lega effettivamente gli Stati dell’Unione? No.
E finché non esisterà nulla del genere è evidente che i singoli Paesi tenteranno di avere la fetta migliore della torta.
Melissa Aglietti, l’insostenibilità del debito greco
Lo scorso gennaio, Alexis Tsipras aveva promesso la fine delle austerità. Se si fosse attenuto alle promesse fatte durante la campagna elettorale, il primo ministro greco avrebbe già respinto la proposta dei creditori.
Ma, ricorda l’ex ministro delle finanze Yanis Varoufakis in un’intervista rilasciata a un’emittente australiana, «Siamo stati eletti come governo con il 30%, non abbiamo l’autorità morale per dire che rifiutiamo l’accordo, ma neanche per accettarlo». «Uno dei colleghi ministri delle finanze dell’Eurogruppo, di cui non faccio il nome», ha aggiunto Varoufakis, «mi ha chiesto come possiamo chiedere alla gente comune un quesito tanto complesso. Gli ho risposto: ‘hai appena negato l’intero principio della democrazia’».
Populismo o lezione di democrazia?
Il coraggioso referendum di ieri non ha solo sancito la vittoria della sovranità popolare, ma ha imposto una forte limitazione alle ingerenze del potere finanziario sull’attività politica, muovendosi in senso contrario alle linee di condotta dell’Eurozona. La vittoria del no avrà come conseguenze plausibili un inasprimento dei rapporti con i creditori, dando al via a politiche severe e punitive.
Ma è indubbio che il debito greco non sia ripagabile ed è ora che l’Europa se ne convinca. D’altro lato, una eventuale Grexit equivarrebbe, stando a quello che sostiene la maggior parte degli economisti, a un suicidio collettivo, con effetti boomerang per tutti i paesi dell’Unione (Germania compresa), e rischierebbe di compromettere il fragile equilibrio economico mondiale.
Giulio Profeta, Grexit unica via?
La netta affermazione dei no in Grecia ha messo in moto un meccanismo potenzialmente letale per l’Unione: la creazione di un’eccezione alle regole comuni adottate da ogni Stato e la possibilità che in futuro questo precedente possa essere invocato da altri Governi per sottrarsi agli obblighi comunitari.
Se Tsipras fosse un interlocutore serio sarebbe possibile, oltre che auspicabile, tentare di raggiungere un accordo per salvare la Grecia all’interno dell’Unione, purtroppo la rinomata inaffidabilità del Primo Ministro Ellenico pregiudica quasi in partenza ogni soluzione politica della vicenda.
E’ equo permettere alla Grecia di sottrarsi ai suoi obblighi mentre Portogallo, Spagna e Irlanda hanno pagato lacrime e sangue per restare nella Unione?
Cosa ci fa credere che Tsipras, una volta ristrutturato il debito ad esempio, non decida di indire un nuovo referendum sugli obblighi del paese verso i creditori?
Chi ci dice che il referendum non sia solo la reazione di fronte un errato metodo politico-economico assunto dalle Istituzioni Europee quanto e piuttosto il punto di partenza di un recupero della Sovranità da parte degli Stati Membri?
A questi quesiti ad oggi non c’è una risposta certa ma è verosimile, nel dubbio, auspicare una reazione rigida da parte dell’Unione, volta solo a valutare le nuove proposte di Tsipras senza concedere ulteriori spazi di manovra alla Grecia.
La solidarietà invocata da molti politici italiani e non, sacrosanta in un’ottica di Federazione Europea, non è invocabile nella misura in cui gli Stati del Nord Europa hanno sistemi sostenibili ed efficienti mentre quelli mediterranei sono fondati su corruzione, malapolitica ed interessi clientelari; il processo di integrazione europea, ove forzato, ha sempre causato il rigetto delle popolazioni come nel caso della Costituzione per l’Europa bocciata da Francia ed Olanda nel 2004 e l’unico modo per attuarlo è armonizzare progressivamente i vari ordinamenti statali per tappe.
Un conto è modificare le regole, un conto è violarle consapevolmente.
Il sogno di Altiero Spinelli non può essere abbandonato ma, proprio per tutelarlo, salvo sorprese ed offerte credibili da parte di Tsipras la tanto famigerata Grexit è l’unica opzione concreta.
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