21 Novembre 2024

Sabato 11 Aprile, a seguito della serata tenutasi alla libreria Belforte, che ha visto seduto in platea lo stesso Antonio Moresco, ho incontrato per un’intervista il duo protagonista della scena, composto da Giovanni Balzaretti e Filippo Conti. Giovanni e Filippo hanno cominciato a lavorare insieme lo scorso anno, debuttando nell’estate 2014 a Lari, con un’anteprima dello spettacolo. La “strana coppia” è divisa da trent’anni di differenza, un professionista del teatro, con molti anni di esperienza alla spalle e un brillante studente di chimica con la passione per la musica: risultato? L’unione delle passioni e delle energie che riescono a riequilibrarsi sul palco. Un gruppo che è riuscito a mettere “la musica in scena” e “le scena in musica”.

Ho deciso di intervistare separatamente i due e di concentrare l’attenzione sulle due diverse passioni: musica e teatro. Ricordo inoltre a tutti l’appuntamento di stasera lunedì 1 Giungo alla Libreria Belforte in Via Roma per chi volesse assistere allo spettacolo. L’ingresso è ad offerta libera.


GIOVANNI

giova

Quali sono state le sue esperienze nel teatro? E da quanto tempo se ne occupa?

Trentatré anni.. il primo contratto da professionista nello spettacolo l’ho preso nell’82’. Ed avevo ventuno anni, ero giovane. Volevo fare questo perché era la cosa più emozionante che mi piaceva fare. Inoltre mi piace disegnare, fare le maschere; il teatro infatti non è solo l’arte viva ma anche l’arte di tanti artisti. Quindi in questi trentatré anni ho vissuto sia degli stili che delle mode diverse. La cosa che ho fatto alla fine è “ non cavalcare una moda”, ma diventare uno “specializzato”. Le mie specializzazioni sono state: commedia dell’arte, narrazione e la pedagogia. Quindi ho mantenuto moglie, figli e spese sempre con queste tre voci. Ho fatto un po’ di cinema, un po’ di prosa ed ho smesso, ma mi sono fatto la mia storia la mia nicchia di stima su questi tre fronti. Sono stato fortunato, perché ho sempre lavorato senza dovere piangere ed adesso sono curioso di vedere ciò che succederà nei prossimi trentatré anni.

Come è stato scelto per la sua compagnia  teatrale il nome “Il teatro agricolo”?

Non siamo mai stati coltivatori ma abbiamo sempre avuto le nostre sedi “in natura”: la prima era la fattoria di Monte Vaso, poi all’oasi della Lipu a Santa Luce, a castello Pasquini a Castiglioncello e infine a Valle Benedetta. E la sede della compagnia aveva sempre previsto oltre lo spazio per chi ci volesse vivere, una sala prove ed una foresteria per i vari artisti, perché non essendo una compagnia chiusa, i membri venivano a soggiornare direttamente da noi. Il nome inoltre rimanda alla Factory di Andy Wharrol dove si riunivano musicisti, artisti, pittori etc… quindi “fattoria dell’arte”, in cui si fa commedia, una commedia che non vuole essere “il finto di una volta” ma quella raccontata da dei cantastorie del 2015.

Perché ha scelto proprio il romanzo di Antonio Moresco “La Lucina” per una rappresentazione teatrale?


Perché me l’ha regalato lui. E come è accaduto? Io e Antonio siamo dei gran camminatori, in un viaggio a piedi molto lungo, ci siamo conosciuti e lui era molto curioso  della mia idea del “cantastorie”.  Alla fine di questa camminata lunghissima mi regala “la lucina”. Io la lessi durante il viaggio e me ne innamorai subito, tanto che avevo già in me l’idea di un possibile spettacolo. Una volta mi trovai a fare un’improvvisazione della “Lucina” davanti ai miei colleghi e loro mi hanno spronato a realizzare questo spettacolo. Dopo ho preso il treno e  sono andato direttamente a Milano, bussando alla sua porta e lui mi ha concesso i diritti per lo spettacolo.

Da cosa è nata invece l’idea di accompagnare la recitazione alla musica?

I vecchi cantastorie lo facevano. Lo strumento dei canta storie dovevano essere portati facilmente, perché erano itineranti; si utilizzavano infatti violini, fisarmoniche, chitarre, tamburelli  etc.. E  solitamente o il canta  storie aveva la doppia funzione di suonatore e di racconta-storie oppure faceva parte di una coppia in cui uno suonava e l’altro raccontava, e piano piano, con il tempo andavano a costruire un repertorio. Come si decideva di fare una storia nuova, il canta storie decideva il testo e il musicista componeva le musiche. Io lascio intendere al pubblico il fatto che non so a memoria: seguo un carroccio ed improvviso Se io avessi le musiche registrate non sapremo adattarsi e l’esito dello spettacolo dipenderebbe soltanto da me e dalla mia “energia” ;  così facendo invece qualora uno dei due dovesse essere meno in forma ci sproniamo a vicenda, ci tiriamo l’uno l’altro. La musica spesso oggi è usata come un tappeto, un sottofondo continuo oppure è subordinata: lo showman sta davanti, i musicisti dietro e il primo confina su di sé l’attenzione del pubblico. Invece noi sul palco recitiamo insieme. Inoltre se devo trasmettere con la voce le emozioni delle varie scene dello spettacolo, finirei per essere barocco, per stuccare il pubblico. Invece l’accompagnamento musicale mi permette di attuare una recitazione più lieve e lasciare che una parte del tono espressivo sia trasmesso da Filippo con il suo accompagnamento.

FILIPPO

pippo

Da quanto tempo suoni? Avresti mai pensato di suonare in uno spettacolo teatrale?

Suono da circa otto anni. E no.., non avrei mai pensato un giorno di suonare in uno spettacolo teatrale

So che hai composto personalmente le musiche per le varie scene dello spettacolo, per te cosa significa comporre e cosa significa suonare? E quali sono secondo te le somiglianze con la scrittura e la recitazione? 

Il modo in cui si evolve la musica è parallelo all’evolversi dello spettacolo. Mi è venuto naturale, in alcune scene, comporre determinate musiche. Altre sono musiche che avevo già pensato non per lo spettacolo e che ho riadattato per le singole scene, tagliando delle parti inadatte e mantenendone altre. La recitazione e la canzone vanno su dei piani paralleli. Io scrivo sul momento, non mi impongo di scrivere, ma viene spontaneo farlo seguendo l’emozione del momento. Una canzone può partire da un giro, evolversi e poi prendere una direzione completamente diversa da quella da cui era partita.

Riferendoti alla tua esperienza personale: quali sono i problemi e le difficoltà legate al mondo della musica oggi? E secondo te perché è  difficile sfondare in questo campo?

A Livorno non è difficile avere la possibilità di suonare, basta conoscere determinate persone e frequentare determinati ambienti. E’ un processo piuttosto naturale per chi fa musica. Il problema più grosso è che si tende ad andare a sentire suonare perché suona “quel mio amico” e generalmente non si va in un certo posto perché ci piace l’offerta artistica indipendentemente dal gruppo che suona. C’è il solito “zoccolo duro di fan” che ti segue a Livorno. Spesso capita che se c’è un festival in città o fuori città le persone si fermano ad ascoltare soltanto il gruppo di cui conoscono qualcuno dei membri. C’è questo intercambio di “amici-non amici”. E’ molto deprimente. Il discorso del successo è comunque legato alla risposta che hai nel concerto, è possibile anche riempire un posto di persone ma nella maggior parte dei casi il pubblico è costituito solo da amici e da conoscenti. L’altro problema è che malgrado l’ampia possibilità di suonare c’è un’inesistente possibilità di guadagno, i posti dove suonare nella maggior parte dei casi non pagano e se lo fanno tutt’al più offrono la cena ai musicisti. E’ molto raro guadagnare, questa infatti è la mia prima esperienza in cui ho un piccolo ritorno economico. Ed è vero che l’arte si fa per passione, ma dover passare un pomeriggio a caricare la strumentazione, prendere la macchina per arrivare nel posto, smontare la strumentazione etc.. per una pizza il tutto si fa ancora più pesante. Un altro problema di Livorno è la struttura a “fasce”: i piccoli gruppi emergenti, quelli medi e quelli con più esperienza, una cosa normale detta così. Ma c’è anche poca volontà di muoversi. Ci sono dei gruppi che suonano spesso a Livorno ma che non hanno mai fatto concerti fuori città, neanche a Pisa che dista 20 chilometri. Così la musica nata a Livorno rimane segregata sempre nel “solito circolo”, la scenario in questione è piuttosto statico. 

Oltre alla collaborazione con Giovanni stai portando avanti o hai in mente altri progetti riguardanti la  musica?

Sto registrando tre brani, quelli dello spettacolo, un sunto delle tracce musicali dello spettacolo, nuovamente arrangiate, con l’aggiunta di altri strumenti per poi poterne fare o un EP o da postare su piattaforme online come Soundcloud o Bandcamp. Ho un progetto che attualmente si chiama “The Fall” ma probabilmente cambieremo nome, in fase di avviamento . Stiamo scrivendo le canzoni  per un probabile EP che uscirà , incrociando le dita, fra l’autunno e inverno del prossimo anno. Abbiamo lanciato il progetto sui social con l’idea di pubblicare online dei piccoli estratti di 1-2 minuti, in modo che le persone possano farsi un’idea di quel che facciamo. Abbiamo in mente di esibirci in un paio di concerti ancora da definire. Infine ho un altro progetto in cui facciamo musica elettronica, con due miei amici, un progetto con lenta evoluzione ed ancora in via di sviluppo. 

Uni Info News ringrazia Giovanni Balzaretti e Filippo Conti per il tempo concesso, augurandoli buona fortuna per i loro futuri spettacoli!

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Gabriele Bacci

Sono nato nel Luglio del '95. Insegnante di sostegno e psicologo iscritto all'albo della toscana n° 9744, esercito la mia professione da libero professionista e mi sto specializzando in psicoterapia psicoanalitica. Sono appassionato di filosofia e psicoanalisi.

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