Arnaldo Cestaro, sessantaduenne all’epoca dei fatti, ha finalmente ricevuto il risarcimento a cui aveva diritto (45.000 euro), per i danni morali e fisici di cui ancora, dopo quattordici anni, soffre le conseguenze. Ad emettere questo verdetto non è stata una Corte di Giustizia Italiana, ma la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, che ha giudicato colpevole lo Stato Italiano di aver lasciato impuniti gli “atti di tortura” commessi dalle forze di Polizia durante il G8 tenutosi a Genova nel 2001.
Ma andiamo per ordine e ripercorriamo questa storia di sangue e silenzio, troppo spesso strumentalizzata o dimenticata.
E’ la notte tra il 21 e il 22 luglio 2001, il G8 di Genova si è appena concluso, con un pesante bilancio di feriti e anche un morto (Carlo Giuliani) negli scontri dei due giorni precedenti. I leaders stranieri sono già partiti e anche molti dei manifestanti e giornalisti convenuti a Genova, una parte dei quali, alcuni stranieri, si trovano nella scuola Diaz e nell’adiacente scuola Pascoli, messe a disposizione dal Comune, per trascorrere la notte prima di lasciare la città.
Per quelle che sono state giudicate motivazioni infondate, più di trecento agenti delle Forze dell’Ordine, in assetto antisommossa, hanno fatto irruzione, senza autorizzazione, negli edifici scolastici e hanno aggredito con inaudita violenza gli occupanti inermi. Sessantatré di questi furono trasportati in ospedale, con ferite di varia entità; uno di questi rimase in coma per due giorni. tra gli altri le fratture più frequenti sono state al cranio e alle costole. Altri cento furono portati alla Caserma di Bolzaneto dove furono vittime di ulteriori incredibili sevizie.
Secondo Amnesty International è stata la “più grave violazione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale”. Negli anni si sono susseguiti numerosi processi, senza che mai i responsabili, gli esecutori e i mandanti, siano stati individuati, lasciando impunita tanta violenza.
Questo almeno fino al 7 aprile 2015, quando il nostro Cestaro, che ha subito danni permanenti per le lesioni subite alla Diaz, ha visto riconosciuti i suoi diritti da parte della Corte Europea di Strasburgo, la quale ha motivato il verdetto dichiarando che “i maltrattamenti sono stati inflitti in modo totalmente gratuito” rientrando nel caso descritto dall’Art.3 della Convenzione Europea dell’Uomo, che proibisce la tortura: “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”. La Corte si “rammarica del fatto che la polizia italiana abbia potuto rifiutarsi impunemente di dare alle autorità competenti la collaborazione necessaria all’identificazione degli agenti sospettati di essere coinvolti in questi atti di tortura” e la risposta delle autorità italiane è stata “inadeguata”, evidenziando alcuni problemi strutturali della legislazione italiana, quale ad esempio l’assenza nel codice penale del reato di tortura. A questo proposito la Presidente della Camera Laura Boldrini ha rassicurato che il ddl, da tempo in discussione in Parlamento, giungerà all’approvazione, colmando questa grave lacuna del diritto penale italiano.
Fin qui è cronaca, ma cosa emerge di sostanziale dalla notizia del risarcimento a Cestaro? Emerge come un attore giuridico sovranazionale abbia superato i limiti di una legislazione statale inadeguata, per risarcire un privato cittadino dalle lesioni subite. Emerge il ruolo frequente, ma mai scontato, dell’Europa come garante dei diritti e delle libertà dei cittadini comunitari. Al di là della dialettica politica , siamo sempre pronti a criticare “l’Europa delle banche”, quella che impone l’austerity alla Grecia e che commette ingerenze ai danni delle politiche pubbliche nazionali. L’allocazione diffusa del potere , infine, contribuisce a infondere quel senso di lontananza dalla realtà che aliena i cittadini dalle istituzioni europee. L’Europa non dovrebbe essere solo economia e finanza ma dovrebbe avere un indirizzo politico comune. Eppure senza questa Europa, per quanto a volte così “burocratica”, così distante, Cestaro sarebbe rimasto inascoltato, una vittima prima dei soprusi dei poliziotti e poi di una giustizia incredibilmente inefficiente. Senza questa Europa non avremmo avuto neppure i richiami per la vergognosa situazione delle carceri italiane, per citare solo un altro esempio di come l’intervento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sia stato nel tempo provvidenziale per l’Italia. Il nostro paese infatti, come tutti gli altri paesi dell’Unione Europea, ha aderito all’istituzione della Corte di Strasburgo, riconoscendo in essa un nucleo di valori fondamentali per il diritto comunitario.
L’Europa solo delle banche non ci piace, ma dovremmo imparare ad amare di più l’Europa garante dei nostri diritti, che abbiamo contribuito a fondare e di cui siamo parte integrante. In fondo, cos’è l’Europa se non l’area geopolitica dove, più che in qualsiasi altra parte del mondo, si eleva il diritto a colonna portante della società? Dovremmo sentirci più spesso orgogliosi di far parte dell’Europa, questo ci dice la sentenza della Corte di Strasburgo sulla Diaz.
Lamberto Frontera
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