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Dylan Dog : Jack lo Squartatore (n.2)

Dylan Dog : Jack lo Squartatore (n.2) 

Seconda avventura per l’Indagatore dell’Incubo, secondo orrore che si presenta dinnanzi alla vita di Dylan Dog e del suo assistente GrouchoTiziano Sclavi scrive intelligentemente una storia completamente diversa rispetto a quella d’esordio, ma non per questo meno riuscita o interessante, donandole un tono che si rifà quasi ad un tipo di horror parodistico, in alcuni momenti, e più in linea con un thriller o un giallo tradizionale.

La vicenda, stavolta, coinvolge cinque esponenti dell’alta borghesia londinese, i quali, spinti dalla necessità di sconfiggere la noia di tutti i giorni, decidono di fare una seduta spiritica ed evocare, durante la realizzazione di questa, lo spirito di Jack lo Squartatore, famigerato serial killer colpevole di innumerevoli crimini avvenuti nella seconda metà del diciannovesimo secolo tra le vie di Whitechapel, uno dei quartieri più malfamati e mal ridotti della città. Quello che inizialmente sembra essere solo un gioco o un trucco ben riuscito di esoterismo ed evocazione si tramuterà, ben presto, in un vero e proprio incubo, poiché Jack sembra essere davvero tornato dall’oltretomba, e intenzionato a squartare e assassinare brutalmente coloro che l’hanno risvegliato dall’eterno (e dannato) sonno.

Se “L’Alba dei Morti Viventi” si è presentato come un albo ispirato dichiaratamente ad un tipo di storia più tradizionale, con forti rimandi cinematografici ad un preciso genere, con tanto di nemesi da sconfiggere e legioni di non morti a mettere in difficoltà il protagonista conferendo all’intreccio un’ossatura “quadrata” e prevedibile, il secondo episodio del detective di Craven Road n. 7 è cosparso di un’ironia molto più sottile e studiata, in special modo nella prima metà della vicenda, dove sia Dylan che Groucho speculano e chiacchierano nel loro caotico studio sulla figura del leggendario omicida elaborando linee di pensiero meta letterarie, cinematografiche e storiche.

Non è un caso, infatti, che questa rivisitazione del terribile mito, che terrorizzò Londra a fine ‘800, assuma connotati, a momenti, tipici di una commedia o di una farsa, ricca di sarcasmo e macabra ironia che Sclavi non fatica a mettere in determinate sequenze prendendosi pesantemente gioco di alcuni comprimari, come quando, ad esempio, si tratta di deridere la bella Elizabeth, sposata, ricca ed annoiata, sempre alla ricerca di emozioni forti da parte di altri uomini chiamati a prender parte a riti carnali nel proprio letto per sentirsi un po’ più viva e trasgressiva. Gli attimi drammatici che la vedranno coinvolta durante l’irruzione, nella sua lussuosa dimora, di Jack lo Squartatore verranno sottolineati dal commento di un narratore cinico e spietato nei confronti di una personaggio che non fa fatica a definire “ninfomane e arrogante”, non andando a impelagarsi in troppi giri di parole nell’elargire un sinistro giudizio nei confronti di quest’ultima.

Anche qui, molto più che nel precedente albo, l’elemento erotico è chiaramente presente, non solo a causa della già sopra citata figura di Elizabeth, che morente sente finalmente “la vita scorrerle dentro” quasi fosse il primo vero orgasmo provato dopo tanto tempo proprio nel mentre in cui si ritrova in un mare di sangue pochi attimi prima di perdere i sensi (“Like a Virgin” di Madonna, secondo l’analisi di Tarantino, docet); ma soprattuto nella figura di Dylan, a cui Sclavi conferisce una personalità quasi affine a quella del Don Giovanni, ove il protagonista non rinuncia mai a spassarsela con qualche donna, rimanendo, chiaramente, sia nei modi che nell’approccio fisico un vero gentiluomo. Tuttavia, Dog resta una calamita solo per le persone coinvolte nella sua vita e nel suo sinistro mondo, come se il suo personaggio e quel che comporta stare in sua compagnia, fossero il vero ed unico elemento di fatale attrazione da parte di quelle signor(in)e che rimangono immischiate in storie al limite del possibile e del razionale.

“Jack lo Squartatore”, inoltre, approfondisce in tono scanzonato anche il rapporto tra Dylan e Groucho, che cerca di far colpo sul suo capo travestendosi da donna, proponendosi come esca, e giocando molto sulla sua sessualità ed i suoi orientamenti sessuali. Il fido assistente si fa, come di consuetudine, anche promotore e protagonista di alcuni giochi di parole esilaranti e siparietti incredibilmente spiritosi, ove, magari, a più di un lettore scapperà una isterica risata. Groucho, qui ancor più che in passato, resta una figura imprevedibile al limite del “politically correct” ed in alcuni situazioni si rivela una spalla necessaria per donare, all’intera storia, un respiro più leggero e auto ironico.

Il secondo appuntamento con Dylan Dog, pur tuttavia, dà il meglio di se nelle tavole che presenta, stavolta curate e realizzate da Gustavo Trigo, le quali si fanno carico di rappresentare un’intreccio particolarmente claustrofobico, dove ad essere messi in evidenza sono il numero di interni proposti, in contrasto con gli esterni della storia precedente, i quali regalano al tutto una sfumatura da giallo alla Agatha Christie, dove a venir messi in evidenza sono i dialoghi ed i processi logici rispetto a particolari sovrannaturali.

In fondo, per una mente allenata o attenta, l’elemento noir non è poi così complesso, se non fosse per una perfetta simbiosi tra scrittura e rappresentazione, alle volte anche molto spinta e realistica nel voler raccontare i macabri omicidi presenti, ed a testimonianza di quanto appena detto non si può non citare il “duello” finale, tra il colpevole e l’Indagatore dell’Incubo, che prende parte in uno dei tanti musei delle cere di Londra, ove, dinnanzi alle molte statue dei tipici mostri dei racconti gotici, Sclavi sottolinea con abilità il fatto che il vero “orrore” oggi non è in quello che all’apparenza ci spaventa, ma in coloro che, per avidità (o altre innominabili cause) decidono di compiere atti scellerati in nome del Dio denaro.

Una critica, questa, efficace e ancora attuale, che mantiene alto il livello di una storia appagante e ben realizzata, soddisfacente e strutturata in un modo classico, ma completa di tutti quegli elementi che la rendono riuscita fino in fondo. A concludere, poi, vi è il quesito che fa da conclusione, con cui si chiude l’avventura, legato alla figura di Jack, il cui spirito sembra davvero aleggiare tra i vivi, magari alla ricerca di qualcuno pronto, nel proprio subconscio, a uccidere e ammazzare brutalmente esattamente come faceva lui ai suoi tempi.

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Dylan Dog, Tiziano Sclavi, Gustavo Trigo, Sergio Bonelli Editore,
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4
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