Il 17 febbraio 2008 il primo ministro Hashim Thaçi sanciva davanti a tutti i parlamentari del Kosovo, l’indipendenza di questo piccolo stato balcanico dalla Serbia.
Quest’indipendenza è stata riconosciuta da tantissimi stati, si parla dai 100 stati in su.
Altri però per paura, hanno evitato di riconoscerlo, vediamo i casi di Spagna (col problema poi dei Baschi e Catalani), la Grecia (storica alleata della Serbia e da contraria ad ogni espansione del popolo albanese), la Romania e la Russia (alleanza secolare con la Serbia per via anche della religione ortodossa).
Ad oggi però manca ancora la formazione dell’esercito kosovaro, la liberalizzazione dei visti (unico paese dei Balcani a non beneficiarne), la demarcazione del confine con il Montenegro, stato, questo che dal canto suo si dice non tornare alla ratifica ormai firmati da diversi anni tra i due stati, e che solo ora il paese kosovaro si rende conto di aver perso terreno ai danni dell’avversario.
Nel processo di crescita un ruolo importante lo a svolto la diaspora sparsa per l’Europa.
Il nucleo maggiore si trova il Svizzera e Germania, ma comunità di kosovari le troviamo pure il Svezia, Austria, Finlandia, Norvegia, Olanda e Danimarca.
In Italia sono concentrati maggiormente nelle regioni del Nord (che offrono più ricchezza economica) come nel Veneto e nella Lombardia.
Queste persone hanno inviato per anni e continuano ad inviare denaro, seppure in maniera riduttiva a causa della crisi della zona euro nel paese nativo, aiutando cosi le famiglie a vivere.
La disoccupazione arriva al 40% a livello nazionale, mentre nella fascia 20-36 anni i disoccupati superano il 60 %.
Nel 2015 molti giovani e famiglie intere hanno cercato fortuna in Europa, come Germania, Francia, Austria e Svezia, essendo però il Kosovo un paese non nell’Unione Europea e senza visti, queste persone sono dovute rientrare nelle proprie case, creando un serio problema al sistema del lavoro.
L’isolamento del Kosovo è un nodo che l’Europa non riesce a risolvere, l’economia debole del piccolo stato balcanico non aiuta, ma le speranze sono rivestite nel futuro.
Il governo deve ancora tanto lavorare, possibilità di crescita ci sono, la manodopera si, visto che possiede la maggioranza della popolazione che è giovane.
Cambiamenti devono essere fatti anche nell’istruzione, poiché i concorsi pubblici sono basati sull’appartenenza partitica, far parte di un partito che è al governo piuttosto che di uno è nell’opposizione cambia le sorti della famiglia e della società kosovara.
La presenza di tante Università private, quasi il triplo di quelle pubbliche, mostra la fragilità di come si possa arrivare a dei livelli standard di istruzione.
L’auspicio è quello di un cambiamento totale, in tutti i settori, affinché ci sia una crescita economica nel paese.